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Donne oltraggiate – Enza e le mimose rosso sangue. La mamma: “Lotto per tutte le donne”

Le mimose gialle arricchite di margherite di campo, le rose perfette, lucide disposte in file ordinate in confezioni che sono pronte a passare di mano in mano tra meno di 24 ore. Il profumo di una primavera alle porte, i colori di una ricorrenza. Quella di domani. Le donne al centro e tutto a ruotarvi intorno. Per un giorno. Poi, le scarpe rosse, sistemate in file disordinate. Ce ne sono alcune col tacco rotto, spezzato a metà. Altre sono usurate, con graffi sui lati. Altre col tacco alto che ogni tanto perdono da sole l’equilibrio e cadono. Ce ne sono di sgangherate, altre tenute un po’ meglio, ma nessuna è perfetta. Avranno certamente vissuto tempi migliori, quelli in cui erano nuove, impeccabili. Sono scarpe di donne: quelle sfregiate dentro e fuori. Ogni giorno. Un simbolo di femminilità che è divenuto emblema dello strazio, delle grida soffocate, della paura, della vergogna. I nomi si rincorrono, spesso sono accompagnati da un numero che è l’età della vittima. Le storie che celano tra la punta ed il tacco sono angoscianti. Sono costellate di tormenti, spesso di denunce inascoltate.

Come quelle di Enza Avino in una storia fatta di una catasta di denunce ed un corpo a terra senza vita. Una giovane di 35 anni tanto coraggiosa: lo era stata quando aveva imparato ad amare un uomo difficile, e lo era stata ancora di più quando aveva messo da parte l’amore per salvarsi e proteggere la sua famiglia. Una storia che è andata ad aggiungersi all’elenco di epiloghi maledetti, che è entrata tra le realtà delle scarpe rosse. Uccisa dal suo ex compagno che le aveva prima tolto il sorriso, la libertà, la serenità, e poi la vita. Non era arrivato, però, a toglierle il coraggio. Non era riuscito a strapparle la forza della sua famiglia, dei suoi affetti. Così Enza più volte aveva messo nero su bianco le minacce che subiva da Nunzio Annunziata. Giorni fatti di pedinamenti, persecuzioni, appostamenti. Giorni fatti di aggressioni, di violenze. L’aveva picchiata più volte, come hanno spiegato i familiari con in mano referti di pronto soccorso ed esposti. Fino all’epilogo, tra i più scoccanti. Nunzio lo scorso settembre l’ha seguita, Enza era appena stata dai carabinieri a sporgere nuovamente denuncia. In un incrocio le ha tagliato prima la strada ed una volta bloccata l’auto le ha sparato al braccio puntando l’arma al finestrino. Poi, presa per i capelli e trascinata fuori dall’abitacolo dell’auto fino ad un marciapiedi, l’ha uccisa scaricandole addosso l’intero caricatore della pistola. Non contento ha rubato la borsa ed il cellulare iniziando una serie di telefonate del terrore con minacce ai familiari: “Ora vengo e vi ammazzo tutti”. Oggi sono loro che lottano per quell’omicidio annunciato, per quel grido di dolore inascoltato, per quei fermi in flagranza e quelle scarcerazioni lampo. E nelle storie di donne violate, maltrattate, uccise, c’è sempre la storia di una mamma che si arma dolore e fermezza. Come Giovanna Gifuni, la mamma di Enza. Uno sguardo velato dal dolore ma dritto, fiero, coraggioso nella battaglia per avere giustizia per sua figlia.

“Aiutiamo queste donne, non lasciamole sole. – dice –    Io non ho paura, non mi fermerò mai, per mia figlia e per chi vive la sua stessa condizione.   Dobbiamo andare avanti”. Ha scritto una lunga lettera Giovanna, su un foglio di diario che ha su un lato il disegno di un bouquet di rose. Quella dolcezza dei fiori a smorzare la durezza delle parole contenute. Giovanna dà voce alla sofferenza della figlia. “Per cinque anni è stata maltrattata, ha trovato il coraggio di denunciare, noi le siamo stati sempre accanto. Ora che è morta ha trovato la pace che non ha trovato qui”. Nelle due pagine di diario, scritte lo scorso 14 febbraio, Giovanna tira fuori verità che lasciano senza parole e che ora gli inquirenti dovranno chiarire. Tra poco ci sarà anche la prima udienza del processo contro Nunzio Annunziata. “ Lui voleva farsi mantenere – si legge nella lettera – Minacciava Enza ed anche suo figlio. Mia figlia lo denunciava e lui faceva di tutto perché ritrattasse minacciando di uccidere il figlio, la famiglia. Voleva sempre soldi, al punto da dire a mia figlia di prostituirsi. La prendeva con forza, mia figlia era rimasta incinta e lui le impose di abortire. La picchiava, la aggrediva anche in strada davanti a tutti. Una volta si arrampicò al terzo piano di casa e tentò di buttarla dal balcone. Lo misero agli arresti domiciliari e dopo 9 giorni di nuovo in libertà. Perchè tutto questo? Mia figlia stava cercando di ritrovare una tranquillità, si era iscritta ad una scuola serale, ma lui la perseguitava, la seguiva ovunque, era un’ossessione. Ora lui è sicuro di uscire dal carcere, più volte ha detto che gli daranno l’infermità mentale ed al massimo sconterà quattro anni. L’omicidio di Enza è stato premeditato, lui stesso lo diceva in giro. Ha ucciso mia figlia peggio di un animale, le ha voluto chiudere la bocca perchè forse sapeva delle cose di lui. Tutto questo lo metto nelle mani vostre”

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